in
collaborazione la Fondazione Giorgio Gaber Il Dio Bambino Di
Giorgio Gaber e Sandro Luporini Regia
Giorgio Gallione Luci
Aldo Mantovani All’interno del progetto di
collaborazione con la Fondazione Gaber, il Teatro dell’Archivolto di Genova
mette in scena per la regia di Giorgio Gallione “Il dio bambino”, un monologo
interpretato da Eugenio Allegri scritto nel 1993 da Gaber e Luporini che, dopo
Parlami d’amore Mariù e Il grigio proseguiva e approfondiva il particolarissimo
percorso teatrale del Gaber di quegli anni: esempio emblematico di quel “teatro
di evocazione” teorizzato ed esplorato in tutte le sue forme espressive. Il Dio Bambino è una storia d’amore;
una normalissima storia d’amore nell’arco degli anni che dà agli autori l’occasione
di indagare su quello che oggi dovrebbe essere un uomo: quali i suoi attributi,
le sue caratteristiche, la sua maturità; capire se è compiuto o incompiuto, se
ce l’ha fatta a diventare un uomo o se è rimasto un bambino. Un bambino che si
vanta della sua affascinante spontaneità, invece di vergognarsi di un’eterna
incompiuta fanciullezza. E’ una storia d’amore che
potrebbe essere capitata a chiunque, vista ovviamente da un’angolazione
maschile. Un uomo a confronto con una donna, il miglior testimone per mettere
in dubbio la sua consistenza, il suo essere adulto, la sua presunta virilità. E’ una storia d’amore che cerca
di individuare quali siano oggi le differenze tra questi due esseri così simili
e al tempo stesso così diversi con la consapevolezza che se queste differenze
un giorno si annullassero la vita cesserebbe di esistere. Non c’è arte, né
scienza, né idee, né altra invenzione dell’uomo che non nascano da questa
differenza se non addirittura da
questa contrapposizione. Come spesso è accaduto, Gaber e
Luporini sono molto spietati nelle analisi sull’oggi, ma, tra le righe c’è
sempre un ponte con il futuro; fiduciosi non tanto per l’uomo come è, ma per le
sue fantastiche, incredibili possibilità. A distanza di 25 anni dalla sua
creazione, “Il dio bambino” è ancora oggi un testo di incredibile forza,
attualità e lucidità, cinico e commovente; Ambientato in un metaforico locale in
disfacimento, con sedie e tavolini buttati caoticamente a terra, tra bottiglie
semivuote e fiori calpestati, a raccontare allusivamente una sorta di festa
finita male lo spettacolo, nell’allestimento di Gallione e Allegri, è
contrappuntato da frammenti di canzoni interpretate dallo stesso Gaber, che
sottolineano, evocano e guidano lo spettatore nell’interpretazione di un
resoconto teatrale di tragicomica, potente contemporaneità. |