Compagnia del Teatro dell’Argine – ITC Teatro
ITALIANI CINCALI!
Parte prima: Minatori in Belgio
Voci amichevolmente registrate da Peppe Barra, Ferdinando Bruni, Ascanio Celestini, Laura Curino, Elio De Capitani.
LO SPETTACOLO
Lo sguardo di questo
spettacolo-indagine sull’emigrazione degli Italiani nelle miniere di
carbone del Belgio risale a quando Mario Perrotta, bambino che da Lecce
raggiungeva in treno il padre a Bergamo, osservava quei “viaggiatori
particolari”, il cui ricordo – ricordo dei loro volti e gesti, del loro
sudore, delle loro lacrime - riaffiora nella carnalità di questo
monologo fondato su una meticolosa documentazione, forte di
un’interpretazione impeccabile e reso alato dall’emozione.
La
Storia e le storie, le vicende personali che i minatori testimoniavano
nelle loro lettere, vengono trasfigurate nella fantasia di un giovane
postino: unico uomo rimasto solo in paese ed unico a saper leggere e
scrivere, per dar coraggio alle donne racconta di un nuovo mondo
meraviglioso…racconta come può, come deve, per non svelare le
condizioni umilianti di quel lavoro.
La
vera spina dorsale dello spettacolo sono state le centinaia di ore di
interviste a chi in miniera c’è stato, che hanno permesso di
ricostruire uno spaccato violento e amaramente ironico di un’Italia
uscita dalla guerra e pronta ad affrontare il boom economico.
Perrotta,
lungi dal rifugiarsi in toni cupi o patetici, dispiega le sue superbe
doti di narratore e, a ritmo incalzante, senza mai cedimenti o
sbavature, inserendo spunti talvolta persino comici nel loro realismo,
ci racconta di questo doloroso periodo e della sua realtà di fondo, già
annunciata dal titolo: Cìncali, ossia zingari! Così credevano di essere
chiamati gli italiani emigrati…
PREMI E RICONOSCIMENTI
Il 29 Novembre 2003, lo spettacolo ha ricevuto la targa commemorativa della Camera dei Deputati con
la seguente motivazione: “all’attore e regista Mario Perrotta e al
drammaturgo Nicola Bonazzi, per l’alto valore civile del testo e per la
straordinaria interpretazione che ricostruisce con assoluta fedeltà una
parte della nostra storia che non possiamo dimenticare”.
Lo spettacolo è inoltre finalista del Premio UBU 2004 come Miglior Nuovo Testo Italiano, la compagnia è vincitrice del Premio Hystrio della Critica Italiana 2006, nel settembre 2008 Mario Perrotta ha ricevuto il prestigioso Premio “Città del Diario”,
assegnato in precedenza a Marco Paolini, Ascanio Celestini e Rita
Borsellino dall’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve S. Stefano (AR).
DICONO DI SE'
Cìncali
cioè: zingari! Così credevano di essere chiamati gli emigrati in
Svizzera: pare invece che fosse una storpiatura di cinq, "cinque" nel
linguaggio degli emigrati padani che giocavano a morra – sì ma voleva
dire anche zingaro! –
Quasi un anno di testimonianze, un anno di
memorie rispolverate a fatica. Ho preso la macchina e ho girato senza
un luogo preciso dove andare, eppure il Sud è tutto uguale, non hai
bisogno di sapere dove qualcuno ha preso le valigie ed è partito: basta
entrare in un bar, un bar della provincia e chiedere. La risposta è
sempre la stessa: - qui siamo tutti emigrati… - me lo racconta? –
Si
fanno pregare, un attimo soltanto, poi partono con la loro storia
infinita, che reclama ascolto. Anche il Sud è infinito. Me lo insegna
la mia macchina che mi porta di paese in paese, sempre per caso, e
s'inerpica tra i paesi montani del nord-est produttivo ed è ancora Sud.
Sì!
Per i Belgi, gli Svizzeri, i Tedeschi che chiedevano braccia
dopo la seconda guerra mondiale, Sud era la Puglia, la Sicilia, la
Calabria e Sud era il Veneto, il Friuli: - siamo emigrati tutti qui…-
Quattro parole, sempre le stesse.
- Sì, sì….io ci ero amico con quelli del Sud; ma noi veneti ci trattavano meglio di loro, all'estero… - e giù così fino a Lecce confine ultimo ad est, che non ha un Sud, e allora il cerchio si chiude: - noi leccesi lavoravamo meglio e di più di quelli del Nord….perciò eravamo rispettati…- Non è vero purtroppo né per gli uni né per gli altri, ma ognuno ha bisogno di un proprio Sud.
Negli archivi pubblici e privati trovo lettere, diari salvati per miracolo ma loro non hanno più nulla, - ho bruciato tutto…- mi confessa qualcuno – meglio dimenticare…- Meglio dimenticare.
Non
la penso esattamente così, ma accetto la loro posizione di esuli
perenni, di zingari della memoria, senza una terra da chiamare "casa":
- stavo meglio al Belgio…- mi dicono in Italia. Qui si sta bene, ma il paese è il paese…
- mi dice chi è rimasto fuori. Non è vero purtroppo, loro una "casa"
non ce l'hanno più. Alcuni mi indicano qualcun'altro come se fosse la
loro "casa" - …chiedi a lui, a lui! Lui conosce tutte le nostre storie…-
- Per trent'anni ho letto e scritto lettere di questo paese. Qui erano tutti analfabeti! -
Un postino, il postino. Due, tre, quattro postini e anche loro sono
tutti uguali, come il Sud. Sapevano tutti leggere e scrivere. Li
ascolto e scopro in loro la coscienza involontaria di un'intera
comunità. Il postino ha molto da idre, ricorda tutto perché la sua era
una missione, lui era il ponte con il mondo, lui ha viaggiato più di
tutti senza aver mai lascito il paese: il postino sì che ha memoria!
E la memoria è importante, perché - …ne abbiamo sempre di meno…-
Perché - ….qualcuno l'avrà pure permesso quel boom economico…-
Perché - ….l'Italia girava in Cinquecento e noi dormivamo in otto in una stanza….-
Perché -…..siamo stati venduti dallo Stato per un sacco di carbone….-
Perché -…..mi vergogno di raccontare a mio figlio quello che siamo stati e come ci hanno trattati….-
La
memoria è importante perché nel 1990, quando nel Salento è sbarcata la
prima carretta del mare carica di albanesi, c'erano ancora 1000 bambini
clandestini in Svizzera. Negli anni '70 erano 30.000…..
Il postino, lui le sa tutte queste storie….sì, ma come metterle in scena? Forse partirò da qui….
(Luce. In scena c'è un postino. Racconta) - Mario Perrotta