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LE NUVOLE di Aristofane con Marco Cacciola, Annibale Pavone,Maurizio Rippa, Massimiliano Speziani scene e costumi Annalisa Zaccheria LO SPETTACOLO
La messinscena di Antonio Latella intende rendere pienamente la ricchezza e la versatilità di questa commedia di grande attualità. NOTE DI REGIA
Questa commedia antica non mette in scena un personaggio ma l’ICONA di un PERSONAGGIO, che ha nome SOCRATE e il luogo che lo ospita, il PENSATOIO, è il vero personaggio con il quale Strepsiade si deve confrontare: un luogo non luogo, uno spazio che ha porte da varcare ma non ha pareti, una stanza dove il Maestro può sospendersi nell’aria, lontano dalla banalità della forza di gravità; solo così può pensare, riflettere, creare, preparare discorsi giusti e ingiusti, un luogo dove l’inafferrabile diventa forma ma resta incomprensibile per il suo continuo mutare essenza. Il Pensatoio, vero protagonista che non è maschile né femminile, non può essere, come ironicamente Aristofane fa dire a Socrate, né pollastro né pollessa. […]. Agli attori il grande compito di coccolarci e di farci pensare, tra le pause di una risata. Un gioco buffo, semplice e pericoloso, come un tuffo nel vuoto; senza RETE.». Antonio Latella
Non era quello che oggi si direbbe un progressista Aristofane, semmai un conservatore, che guardava con sospetto alle novità, anche di pensiero, fosse pure Socrate a rappresentarle. Nutriva diffidenza nei confronti del grande filosofo, ne riprovava l’influsso sulla gioventù, spronata a un’indipendenza di giudizio, che gli appariva nefasta, ne lamentava la frequentazione con personaggi in sospetto di tirannide, come Crizia e Alcibiade, ma è lecito dubitare che ne abbia approvato la condanna a morte e, soprattutto, ci è consentito immaginare che dinanzi alla sua fine ne abbia riconosciuto la dirittura morale. Aristofane era, infatti, un conservatore, ma, non meno del filosofo, sollecito del bene comune, e, dunque, in grado di apprezzare la testimonianza di dignità estrema, lasciata da Socrate con la sua morte: in modo diverso, entrambi avevano avvertito il declino della loro città e cercato di contrastarlo. Aristofane, del resto, era uomo di vasta e raffinata cultura, capace di permettersi la volgarità senza essere volgare.
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