Sabato 17 - Domenica 17 - Lunedì 19
Faust di Aleksandr Sokurov con Johannes Zeiler, Anton Adasinsky, Isolda Dychauk, Georg Friedrich, Hanna Schygulla drammatico, durata 134 min. - Russia 2010
Attraversata da un'atmosfera mortifera, un'opera d'arte
potente che ribadisce il paradosso tragico della vita Quarta e ultima parte della tetralogia di Aleksandr Sokurov sulla natura del
potere, Faust è l'unico personaggio letterario della partita, dopo
Hitler (Moloch),
Lenin (Taurus)
e Hiroito (Il
sole), ma è anche quello contenuto in nuce in tutti gli altri, per il
carattere mitico e simbolico che porta in sé. Il regista russo rilegge
liberamente tanto l'opera di Goethe che quella di Mann, scegliendo
l'ambientazione ottocentesca e mantenendo la lingua tedesca e l'idea tragica di
fondo, per cui la condizione umana consisterebbe in un continuo errare. Sokurov
inscena, dunque, questa (diabolica) perseveranza nell'errore costringendo i suoi
personaggi a un procedere senza sosta, a una letterale erranza tra boschi, case,
lande, ghiacciai. Il protagonista del film non si ferma un istante, tanta è la
sua sete di sapere e tanta è la lontananza dalla meta. A questo movimento senza
soluzione di continuità si aggiunge una forza opposta ma altrettanto intensa e
inestinguibile che (co)stringe gli esseri umani presenti nell'inquadratura,
obbligandoli a farsi largo l'uno sugli altri, a scavalcarsi ad ogni occasione.
La gestualità è teatrale, esasperata, ma la sensazione di brulicante
claustrofobia ci riporta anche alla pittura di Bosch, non a caso un artista che
ha utilizzato il realismo per raccontare il male immateriale e i cui dipinti
pullulano di creature dannate e sofferenti. Visivamente grandioso, il
Faust di Sokurov è attraversato da un'atmosfera mortifera dalla
primissima all'ultima inquadratura. Il suo dottore è una creatura infelice, non
affamato di sola conoscenza ma soprattutto di cibo, di sonno, di denaro e di
contatto amoroso: bisogni fisiologici e materiali che collocano
inequivocabilmente l'inferno su questa terra (non c'è traccia del prologo
celeste e il conto degli individui in fila per firmare il patto è in continua
espansione e riproduzione). Il paradosso tragico della vita espresso nell'opera
è che l'uomo può giungere al divino solo con l'intervento del demonio: per
questo quando Wagner chiede al dottor Faust dove si trovi l'anima, il medico
–pur avendo indagato le viscere e ogni organo umano- deve ammettere che non l'ha
trovata. Il suo potere è umano e dunque limitato. Con un impiego di mezzi
ingente ma anche assolutamente necessario e meritato, Sokurov allestisce uno
spettacolo che appaga l'occhio, un'opera d'arte potente e affascinante che
ribadisce nel mentre la validità atemporale del racconto. Uno spettacolo di
quelli che non siamo più abituati a sostenere senza sforzo ma che ripaga davvero
l'impegno che domanda. (Marianna Cappi - MYmovies) |
|